Passeggiando per Rimini

Passeggiando per Rimini mi sono accorta di quanto bella sia questa città. Sì, avevo la guida rossa Touring Club che, devo dire, mi ha fatto riflettere sul valore della città in quanto porta d’accesso da mezzogiorno alla Pianura Padana e, in questo senso, sebbene l’ultimo conflitto mondiale abbia risparmiato solamente il 28% degli edifici, pensate…, la città mantiene l’essenza di quando si chiamava Ariminum ed era, appunto, la testa di ponte della pianura. Sono rare, dunque, le cose da vedere di rilevanza storico-artistica, ma quelle che ci sono hanno le loro particolarità assolute. Io, mi sono soffermata solamente su due e, devo dire, che ne valeva proprio la pena…un’immersione ponderata in una società liquida non è poi una situazione così scontata.

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Ecco l’Arco d’Augusto datato 27 a.C., il più antico tra quelli che sono giunti fino a noi dalla romanità.

Nel 1936 Mussolini fece abbattere le torri laterizie poligonali che erano state edificate in epoca tardo antica al posto di quelle quadrate e quindi, l’arco, risulta un’entità “strana” o “estranea” all’interno del tessuto urbano ma ne percepiamo lo stesso la struggente bellezza monumentale, proprio perché “mutilo” è più vicino alla nostra sensibilità post romantica.

Camminando e perdendosi anche un po’ tra i mercatini immersi nell’atmosfera di Natale, ecco che arrivo di fronte a un’immagine da manuale: il tempio Malatestiano, opera di quel grande intellettuale, architetto e molto altro ancora che è stato Leon Battista Alberti. Questa è una sua mirabile opera che un documento data al 1447. Diciamo che al progetto i committenti, Sigismondo Malatesta e  Isotta degli Atti, sua terza moglie, cominciarono a crederci dal 1450 quando, praticamente, dettero carta bianca all’architetto innovativo, colui che aveva già dato prova di saperci fare sia nella città di Firenze che a Ferrara che a Roma.

Erano gli anni in cui questo personaggio era impegnato sia in speculazioni letterarie che in ricerche tecnico matematiche, forte della lezione vitruviana.

Presto avrebbe atteso al compimento della facciata di Santa Maria Novella. Ora, era tutto dedito a fare della chiesta di San Francesco a Rimini, il tempio in onore di Sigismondo Pandolfo Malatesta, il signore che lo aveva chiamato e gli aveva commissionato il lavoro che, alla sua morte, sarebbe rimasto incompiuto, come tutt’oggi possiamo vedere.

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Razzia di marmi superstiti dall’antico porto romano, ancora oggi il Tempio stupisce per la sua luce e il suo nitore,  ma soprattutto per la nuova concezione architettonica che testimonia un punto di arrivo della ricerca dello straordinario e poliedrico architetto, uomo completamente rinascimentale, “uomo che per la sua universalità – scrisse Francesco De Sanctis – parrebbe volesse abbracciarlo tutto… pittore, architetto, poeta, erudito, filosofo e letterato”.

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